giovedì 30 settembre 2021

La “dea” Kate Middleton alla prima di “No Time To Die”


Kate Middleton ha lasciato tutti a bocca aperta alla prima del film “No Time To Die” della saga di 007 e non è sfuggito il bacio della duchessa al principe Carlo, simbolo di rispetto e ammirazione reciproca

lunedì 21 dicembre 2020

Il Natale alla Casa Bianca tra Melania Trump e Jackie Kennedy

Screenshot

Alla Casa Bianca è già tutto pronto per festeggiare il Natale. L’ultimo per Melania Trump nel ruolo di First Lady. Sui profili social ufficiali della moglie del presidente sono stati pubblicati le foto e il filmato delle lussuose decorazioni sistemate da un gruppo di volontari. Il tema di quest’anno è “America the Beautiful”, la “terra che siamo tutti orgogliosi di chiamare casa”, come recita lo slogan. Infatti i simboli patriottici sono sempre in primo piano, i veri “protagonisti” del Natale 2020 alla Casa Bianca. 

giovedì 28 febbraio 2019

Il primo ritratto ufficiale della regina Elisabetta II


Qualche giorno fa la Royal Collection Trust, che conserva tutto il materiale fotografico riguardante la famiglia reale inglese, ha pubblicato sui social uno scatto intenso e di grande valore storico. 

Sto parlando del primo ritratto ufficiale di Elisabetta II nel ruolo di regina. Orecchini di perle e la tiara “delle ragazze di Gran Bretagna e Irlanda” (regalo della regina Mary a Elisabetta per il suo matrimonio. Come si può capire dal nome, la tiara venne donata, nel 1893, da ragazze irlandesi e inglesi a Mary, allora ancora principessa). 

Per celebrarne l’anniversario, la foto è stata tirata fuori dagli archivi ed è un documento sensazionale perché rievoca un momento storico importantissimo per la Corona inglese, ma anche il fascino sfolgorante di una donna ancora oggi molto bella ed elegante. L’immagine venne catturata dalla fotografa Dorothy Wilding venti giorni dopo l’ascesa al trono di Elisabetta II. 

domenica 27 gennaio 2019

Mafalda di Savoia. Il tragico destino di una principessa

“Italiani, io muoio, ricordatemi non come una principessa ma come una vostra sorella italiana.” 
Mafalda di Savoia 



Sua Altezza Reale Mafalda di Savoia
Pensiamo che le principesse e le regine vivano vite dorate, impossibili da scalfire, perfino quando sono il dolore e la sofferenza a bussare alle porte dei loro palazzi. La Storia, al contrario, ci ha insegnato che nessun uomo, per quanto ricco e potente, può considerarsi al riparo dalle tragedie e dal destino.

Nonostante ciò continuiamo a credere in questa illusione, una sorta di incantesimo che ci dona speranza, lasciandoci sognare a occhi aperti. Soltanto quando la realtà e il dramma irrompono nelle vicende umane, scuotendoci dal sogno, realizziamo quanto siano precarie le nostre esistenze, quanto siano fragili, impermanenti. Talvolta è necessario scavare nel passato per ritrovare il sogno perduto e capire perché e in che modo si sia frantumato contro la Storia. 

Proprio ciò che stiamo per fare rievocando una figura femminile mai dimenticata, eppure non abbastanza ricordata, elegante, altera e dolce insieme, Mafalda di Savoia d’Assia Kassel (1902-1944). Mafalda fu una donna coraggiosa, volitiva, che si trovò ad affrontare una delle realtà più terribili a cui possa andare incontro un essere umano: la (non) vita nel campo di concentramento di Buchenwald.

Per molti fu anche un personaggio controverso a causa dei suoi legami con l’élite fascista e nazista (legami che si fondavano su un precario equilibrio, molto difficili da recidere, vista la sua posizione di altezza reale, di principessa d’Italia, di Etiopia e Albania e di langravia della casata d’Assia Kassel). 

In realtà, come vedremo, la principessa fu vittima non solo della Storia, ma soprattutto della politica del padre e del marito, come spesso accade in casi come questo. Andiamo con ordine e cerchiamo di conoscere Mafalda di Savoia più da vicino, di comprendere in che modo si svolse la sua esistenza tra le due guerre, in un momento molto delicato e tragico per tutto il mondo.


sabato 22 settembre 2018

Recensione. Le assassine di Levone di Massimo Centini

La terribile storia della caccia alle streghe assomiglia a un calderone dal fondo oscuro, forse inesistente, in cui sopravvivono al tempo storie raccapriccianti di persecuzioni, processi, torture e roghi. Si tratta di un tema dalla vastissima bibliografia, ma sul quale c’è ancora tantissimo da dire. 

L’ombra della Santa Inquisizione non è diventata meno inquietante col trascorrere dei secoli, né la luce della ragione ha mai spento l’interesse nutrito e, prima ancora, il timore nei confronti della figura della strega, che ha subìto una evoluzione storica, letteraria, folkloristica e persino cinematografica. 

L’immaginario collettivo continua a essere attratto e, nello stesso tempo, a respingere il carisma occulto delle malefiche. I motivi per cui ciò è accaduto in passato e ancora oggi accade, sono tanti e mutano insieme al pensiero, agli inevitabili cambiamenti sociali, politici, economici. 

La strega non è solo il simbolo di una femminilità temuta, dai contorni oscuri e, a tratti, indefinibili, impossibile da imbrigliare eppure desiderata, ma anche capro espiatorio, una facile spiegazione, benché irrazionale, a ciò che non sembra avere un senso. 

Una soluzione irragionevole per qualcosa che è, o meglio, sembra altrettanto privo di logica (una carestia, l’alta percentuale di mortalità infantile, per esempio. Oggi, invece, sappiamo che tutto ciò è possibile e ne conosciamo le cause scientifiche al punto da poter ridurre notevolmente la possibilità che accadano simili tragedie). 

Proprio per il fascino e l’inquietudine che questa pagina oscura della Storia dell’uomo esercita su di noi e per la quantità di materiale a disposizione, è fondamentale la possibilità di potersi accostare a studi scientifici e rigorosi. Ricerche che evidenzino tanto i fatto storici, quanto la sorte, il dolore delle vittime senza indulgere nel sensazionalismo. 

Per fortuna vi sono molti saggi di questo tipo. Uno di questi è l’ultimo libro di Massimo Centini, “Le assassine di Levone”, edito da Yume Book. Se cercate un saggio storico, rigoroso, preciso, scientifico sia nella ricostruzione dei fatti che nello stile narrativo, scritto da uno studioso che affronta ogni tematica con un approccio altrettanto serio e puntuale, questo è il saggio che fa per voi. 

lunedì 17 settembre 2018

Recensione. “Peccatrice moderna” di Carolina Invernizio

Sultana Sigrano è una donna stupenda e fortunata. Elegante, di nascita nobile, bella e fiera. Ha sposato un avvocato di successo e vive, a Torino, una vita tranquilla, fatta di agi e protezione. 

È il ritratto della moglie e della madre perfetta. Onesta, pudica, di integerrima moralità. Questo, almeno, è il riflesso che la giovane mostra a chiunque la guardi. Peccato, però, che alla grazia esteriore non corrisponda una eguale “limpidezza” interiore. Sultana ha un cuore nero, un’anima malvagia e traditrice, senza scrupoli, disposta a tutto pur di ottenere ciò che vuole. 

Neppure la sfiora il pensiero del marito e dei figli mentre intreccia relazioni extraconiugali in cui appare come una dominatrice, una “sultana” dedita al piacere e all’inganno. Non ama nessuno oltre se stessa e tutto ciò che fa è fingere, recitare una parte che lei stessa si è costruita e che, dall’esterno, è invisibile, completamente fusa con la sua vera indole.

 Non vi è uomo che possa resisterle, che sia in grado di dire no a quel volto angelico dietro cui si cela un demonio. Sultana è inattaccabile, il suo regno di perfidia sembra indistruttibile finché uno dei suoi amanti, l’autista Alceste travolto dalla passione ma non del tutto accecato dall’amore, riesce a metterla con le spalle al muro, firmando, inconsapevolmente, la sua condanna a morte

Questa è la trama del romanzo Peccatrice moderna” (Yume Book), un “noir sentimentale” di una delle autrici più famose d’Italia, Carolina Invernizio (1851-1916). In questo storia sapientemente intrecciata la passione, la voluttà, l’amore e la morte danzano insieme, creando una eccellente coreografia di parole, di scene, di emozioni in un crescendo di tensione e di curiosità per la sorte della protagonista, Sultana Sigrano. 

venerdì 29 settembre 2017

Recensione di “Amami come sono” di Giulia Faggi

Le società di ogni epoca storica hanno cercato, spesso con successo, di frammentare la realtà in categorie conosciute, di dare un’etichetta a cose, fatti e persone, in modo da non lasciare “zone d’ombra”. Ciò che è ignoto, infatti, può far paura, perché non si sa in che modo gestirlo, come fronteggiarlo.

Nel corso del tempo anche la vita di quanti ci hanno preceduto e dei nostri contemporanei (e, probabilmente, anche di chi verrà dopo), è stata “incanalata” da regole, leggi, convenzioni, tradizioni, perfino da superstizioni.

Quasi ognuno di noi, ancor prima di nascere, fosse già “etichettato” e la sua esistenza camminasse su un sentiero prestabilito. Se da una parte avere, per esempio, delle tradizioni, una storia familiare, sociale, nazionale, ci aiuta a costruire parte di noi, a farci sentire l’appartenenza, le radici da cui possiamo trarre la linfa vitale per nutrire noi stessi, dall’altra non possiamo accettare che queste radici divengano catene d’acciaio.

Molti, soprattutto oggi, si ribellano alle definizioni, scegliendo di seguire il cuore e i sogni. Ciò non significa “avere la testa per aria”, oppure vivere di illusioni, di chimere e nemmeno ribellarsi in modo scomposto, sbagliato o magari perfino illecito.

Si tratta, in realtà, di una battaglia silenziosa con noi stessi; attraverso la ricerca del nostro io, della nostra identità noi ci affermiamo come individui, senza lasciare che giorni tutti uguali calpestino la speranza, i talenti, i desideri, la serenità, la volontà di trovare ciò che ci fa sorridere e ci fa stare bene.

Del resto è possibile incatenare i sentimenti e i sogni e ricondurli docilmente nello spazio angusto delle convenzioni? No. Non per lungo tempo, almeno, poiché la nostra anima rischierebbe di morire.

Nel romanzo “Amami come sono” (Pink Edizioni) la sociologa Giulia Faggi ci parla proprio dell’incontro/scontro fra passato e presente, tra ciò che siamo, che siamo stati e che saremo, delle scelte che si sovrappongono alle imposizioni, della libertà di essere noi stessi, di costruire la strada che vogliamo percorrere, di amare chi vogliamo.

La protagonista, una giovane brillante e con una carriera in ascesa a Zurigo, nel mondo dell’alta finanza, torna di malavoglia nella città natale, Todi, per occuparsi delle questioni burocratiche in seguito alla morte del padre. Il passato, per lei, è morto, dimenticato come quella città in cui ha troppi ricordi, molti dei quali infelici.

Nulla la lega più alle persone che ha conosciuto durante l’infanzia e che, ormai, le sono divenute estranee, quasi le avesse incontrate in un’altra vita. Ha perfino gettato il velo dell’oblio sul suo matrimonio, un’unione ormai finita e, per dirla tutta, neanche mai iniziata, una sorta di voragine oscura in cui il suo corpo e la sua mente stavano per essere inghiottite.

Una donna di quaranta anni che crede di aver ricominciato a vivere, sebbene senza più le illusioni e le speranze della gioventù appena sbocciata. In realtà il suo cuore è ancora assopito. Un incontro casuale, un momento fugace che non avrebbe dovuto ripetersi la portano, invece, a “ridiscutere se stessa”, a tornare verso quel passato a cui aveva chiuso la porta in faccia, facendo i conti con un nuovo amore e una nuova, bruciante passione sospesa tra desiderio e ragione.

Celeste, venti anni e occhi di una tonalità d’azzurro decisa, senza sfumature, è la persona che fa venire a galla le paure, l’istinto e i brandelli di memoria che la nostra protagonista credeva di avere rimosso. Il loro legame è speciale e non solo per la differenza d’età tra i due personaggi.

Celeste frequenta la Facoltà di Architettura a Perugia, ha un animo più spensierato e, nello stesso tempo, più determinato di quello della protagonista. Non conosce mezze misure, caratteristica tipica dei giovani che hanno tutta la vita davanti e una gran voglia di cambiare il mondo (per fortuna). Il suo modo di esprimersi, però, rivela un’indole più matura, capace di riflettere con grande profondità sul concetto di bellezza e sull’arte.

In effetti Celeste è l’opposto della protagonista di “Amami come sono”, più portata, invece, per il ragionamento logico, la razionalità, doti sviluppate al massimo anche grazie al lavoro in banca. Preferisco, tuttavia, non anticiparvi altro sul personaggio di Celeste e su questo bel romanzo privo di qualunque retorica, scritto con intensità, garbo e una delicatezza raffinata.

È giusto che siano i lettori a scoprire le vicende narrate in “Amami come sono” e lo sviluppo dei personaggi, pagina dopo pagina. Forse molti di noi si riconosceranno in qualche situazione descritta (per esempio sul provincialismo di certi (pre)giudizi, sul potere ambiguo delle chiacchiere che, ahimè, hanno troppo spesso la meglio sul silenzio, soprattutto oggi) ed è del tutto normale.

Ci dichiariamo liberi nel corpo e nel pensiero, ma lo siamo davvero? A proposito del potere delle parole è interessante notare il rapporto della protagonista con il padre, un professore di Storia e Filosofia per il quale la dialettica è tutto e ogni cosa può essere risolta parlando. La figura paterna che compare, ovviamente, nei flashback, sembra non voler prendere mai una posizione netta, lasciando che i discorsi scivolino in un relativismo talvolta irritante.

La protagonista, nella fase più critica della sua vita, l’adolescenza, risente di questo atteggiamento fino alla ribellione. Le parole sono importantissime, ma a volte non servono; basta un gesto, una carezza, uno sguardo, un silenzio nel momento giusto che vale più di tanti discorsi. Questo lo sappiamo quasi tutti. 

Molto spesso un abbraccio è tutto ciò di cui abbiamo bisogno (permettetemi, a tal proposito, una piccola citazione “pop” a cui ho pensato mentre leggevo il romanzo. La canzone di Giorgia “Oronero” dice: “Parlano di me che non mi amo davvero/Ma una carezza sul mio viso è il mio primo pensiero…ma una carezza sul mio viso la vorrei sul serio”. Ecco, credo che le vicende vissute dai personaggi in “Amami come sono” siano legate a filo doppio tanto al potere delle parole, quanto a quello dei gesti ricordati, vissuti, desiderati e negati.

Il romanzo è molto intimista e nella narrazione la parte della riflessione, delle descrizioni di momenti passati, ma anche presenti, ha la meglio su quella dei dialoghi. Una scelta stilistica d’impatto, che si accorda pienamente al tipo di storia raccontata.

Amami come sono” è un libro da non perdere, affronta temi importanti in modo chiaro e fluido, è un romanzo scritto anche per far riflettere, cosa di cui abbiamo un gran bisogno. Non ce ne sono moltissime di storie così ma, per fortuna, ci sono sempre più scrittori audaci, preparati e brillanti come Giulia Faggi a scriverle secondo un gusto e uno stile originali e personali.

Fidatevi, c’è bisogno anche di originalità e personalità oggi. Eccome.


Il Libro


Titolo: Amami come sono

Autore: Giulia Faggi

Casa editrice: Pink Edizioni

Pagine: 216

Data di pubblicazione: 15 agosto 2017

Prezzo: 4,99







Trama

Mi troncò le parole in bocca: «Non dire più nulla. Ho sbagliato!» e mi prese una mano portandosela alle labbra. «Ho sbagliato io». Quel gesto di tenerezza mi aveva ridato il respiro ma non mi liberava dal dubbio. L’amore non ha regole e non ha schemi.

Una delicatissima storia d’amore ricca di sentimenti intimi e potenti. Una coppia di innamorati. Tra di loro una notevole differenza d’età. Il lettore viene trasportato in un tempo assoluto; avvolto in un’atmosfera gentile, serena, variopinta, gaia, carica di rispetto e di libertà. Un romanzo che ci fa sognare e riflettere. Perché anche in una goccia d’acqua può esserci il mare. (Tratto dal sito della casa editrice)


L’autrice

Giulia Faggi, (sociologo) tende ad affermare l’esigenza di superare ogni prevaricazione o subordinazione tra i sessi anche nella relazione intima. Ha insegnato sociologia e pubblicato saggi accademici. (Tratto dal sito della casa editrice)


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